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  • Immagine del redattoreRik Grey

La restaurazione Meiji e la discriminazione delle razze canine autoctone

Aggiornamento: 16 mag 2018

Non fu un periodo facile da affrontare per il Giappone quello della seconda metà dell'Ottocento. L'apertura forzata dei porti del Giappone nel 1853 causata dall'azione di forza dell'ammiraglio Perry era indice di una crisi dello Shogunato che ben presto sarebbe esplosa nella Restaurazione Meiji, punto di svolta e di modernizzazione per il futuro impero giapponese. La modernizzazione del paese avvenne rapidamente, perchè la nuova oligarchia era consapevole della superiorità delle potenze occidentali, da cui sapevano di dover prendere spunto per costruire una nuova società moderna, alla pari o perfino superiore alle potenze straniere.

L'arrivo degli occidentali significò anche l'inserimento in Giappone di numerose razze canine nuove, che furono viste in prima battuta come razze superiori a quelle locali: il cane occidentale obbediva al padrone, non abbaiava ed era di razza "pura", qualità che i cani giapponesi, per lo più abitanti delle strade e senza fisso padrone, non avevano.

Utagawa Sadahide (1861) - Un americano in uscita


Fu per questa necessità di raggiungere il livello di civiltà dell'occidente che l'oligarchia Meiji iniziò a dettare regole rigide anche per la gestione della popolazione canina: la modernità doveva raggiungere tutti i livelli della società e dell'economia, e i cani vennero visti come un problema di ordine pubblico da risolvere velocemente.

Ogni cane domestico doveva essere riconoscibile con una targhetta al collo e il rispettivo proprietario doveva pagare una tassa per il proprio cane; nacque il mestiere dell'accalappiacani e come conseguenza migliaia di cani vennero uccisi con il pretesto che fossero portatori di malattie.

Questa emulazione delle presunte buone pratiche occidentali a discapito delle razze canine autoctone e la tendenza della maggior parte della popolazione a favorire le razze straniere sulle razze native, continuò fino alla fine degli anni '20. In questo lungo processo di modernizzazione del Giappone moltissimi cani indigeni continuarono ad essere eliminati, fino a quando un nuovo movimento e una nuova consapevolezza nazionale iniziò a valorizzare quei cani nativi tanto denigrati fino a riconoscerli e consacrarli come vere e proprie razze giapponesi.

Utagawa Sadahide (1861) - Casa dei Mercanti a Yokohama. Notate il piccolo cane bianco stile occidentale sulla destra.

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